Arlecchino nel mondo

Piccolo, Mondo, Arlecchino: tre parole chiave per un successo planetario. «Questa tournée scivola dolcemente sui cuscinetti a sfera della mia organizzazione» diceva Paolo Grassi, straordinario artefice dei viaggi di Arlecchino a Parigi, Londra, Edimburgo, Oslo, Tampere, Berlino, Vienna… Nord Africa e Sud America, fino al capolavoro di portare lo spettacolo a New York e a Mosca negli anni della Guerra Fredda. Dopo cinquant’anni di viaggi, Arlecchino arriverà in Cina e in  Giappone – dove Ferruccio Soleri, protagonista dal 1960, sarà chiamato “tesoro d’arte vivente” –, senza mai perdere l’abitudine di visitare la sua casa milanese, il Piccolo di via Rovello.

Strehler ne parla

Anche al Polo Nord va il Piccolo Teatro! 

«Paolo Grassi era allora agli albori di quella sua meravigliosa capacità, tra tante altre, di portare il teatro italiano in terra straniera. E non c’era la Duse. Non c’era Novelli. Non c’era l’opera, né Toscanini. Mi sono sempre chiesto come facesse Paolo a imbarcarci in avventure così incredibili. Quella volta, per esempio, recitammo Arlecchino a Tampere. Una piccola città del Circolo Polare Artico. Paolo orgoglioso si esaltava: “anche al Polo Nord va il Piccolo Teatro!” E rideva nell’aereo vacillante che ci riportava indietro dalla banchisa».

(Il lavoro teatrale. 40 anni di Piccolo Teatro. 1947-1955, Milano, Piccolo Teatro di Milano - Teatro d’Europa, Vallardi & Associati Editori, 1987)

Rassegna Stampa

Il Piccolo: un grande teatro

«Cara Italia! Ammirevole Italia! Viene a visitarci, dichiaratamente in maschera, con il Piccolo Teatro di Milano. “Piccolo Teatro”, teatro avventuroso. Che si sposta. Ma che trasporta, nella sua leggerezza di viaggiatore, tutto il carico di energia e tutte le forze del teatro eterno, ammesso che ne esista uno. Che l’Italia sia la madre delle arti lo sappiamo da tempo. Ma siamo felici ogni volta che ce lo fa riscoprire».

(Jacques Audiberti,  “Arts, Parigi, 13 marzo 1953)

Arlecchino a Mosca

«Il lavoro di regia di Giorgio Strehler si coglie in tutte le componenti dello spettacolo: nella direzione degli attori, nell’interpretazione dei caratteri, nell’abilità con cui ha dato all’azione l’indispensabile ritmo, nella messinscena dello spettacolo, curata con appropriata sobrietà da Ezio Frigerio, nella semplice, ingenua musica di Fiorenzo Carpi. In che cosa consiste il segreto del successo che Il servitore di due padroni  del teatro milanese ha ottenuto sul palcoscenico moscovita? Nella fedele interpretazione della materia. Nello spettacolo del Piccolo Teatro viene data al testo la sua vera forma scenica. Il palcoscenico dà la sensazione della piazza, di una rappresentazione da fiera, da strada il che è molto coerente con lo spirito dell’epoca, in cui gli spettacoli avevano luogo all’aperto. Lo spettacolo degli attori milanesi è teatrale e festoso, vi si sente battere, vitale e palpitante, il cuore del geniale popolo italiano».

(Ruben Simonov,  “Pravda”, Mosca, 14 agosto 1960)

Prima di Homer Simpson ci fu la Commedia dell’Arte

«Chiunque abbia visto un cartone animato del sabato mattina, un film di Abbott e Costello o una farsa a sfondo sessuale, ritroverà in Arlecchino le stesse tecniche di comicità. La Commedia dell’Arte, semplicemente, manipola il linguaggio ed esaspera i comportamenti umani: una ricetta che va sempre di moda (…) La scena di Arlecchino che corre avanti e indietro per servire contemporaneamente la cena ai due padroni è un esempio di meravigliosa farsa finemente architettata (e scatena grandi risate, oltretutto!).

Gli altri personaggi del cast ravvivano le situazioni con gag gestuali e verbali.

La commedia è recitata in italiano, con sovratitoli in inglese, ed è un peccato! Consigliamo al pubblico che non capisca l’italiano di consultare il riassunto di ogni atto prima dell’inizio, in modo da focalizzare l’attenzione sugli attori il più a lungo possibile. Altra soluzione è ignorare i titoli per almeno uno dei tre atti della commedia: il secondo, per esempio, che è pura comicità fisica.

L’Arlecchino di Strehler potrà anche essere accompagnato da anni e anni di critiche entusiaste, ma la reale esperienza che si prova nella visione dello spettacolo è paragonabile solo alla visione di una produzione hollywoodiana di qualità dalla sedia del regista».

(Charles Isherwoods, ”The New York Times, New York, 22 luglio 2005)

Risate a non finire!

«Non si possono che ammirare l’intelligenza e l’abilità del regista Giorgio Strehler: quest’opera teatrale del patrimonio culturale italiano, attraverso la sua lettura, ha assunto caratteristiche fresche e nuove… la tradizione della Commedia dell’Arte riceve un’accurata rappresentazione sopra e sotto il palcoscenico, sulla scena e negli “a parte”, ottenendo un ottimo effetto comico e moltissimi applausi. La recitazione di qualità degli interpreti fa sì che il pubblico possa seguire la trama dello spettacolo e comprenderne con facilità il messaggio senza neppure dover leggere i sottotitoli».

(Lun Bing, “Beijing qingnian bao”, Pechino, 17 maggio 2006)

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